Fare finta che la vita

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Che bella: una sigaretta. Accesa come un pensiero a cui stavi dietro da questa mattina. Consumata come vorresti che trascorra la vita: lentamente.

Dicono che te l'accorcia. Lo dicano.

Dicono tante cose.

Fumus persecutionis.

È zizzania che mettono gli altri.

È invidia. Come ci invidiano la nazionale di calcio. Capace di perdere con modestia.

Una qualità tipicamente elvetica, la modestia. Non ce la tiriamo mai. Ci convincono da bambini che arrivare ultimi è meglio che arrivare primi.

Garantito che ci mettono qualcosa nel biberon. Pace.

Che bella: la solitudine. Non quella che riveste una giornata. Ne basta una parte. Un attimo di solitudine. Venti minuti. Colmi del nostro essere al mondo.

Che bello sapere che ci sono le vacanze: ci attendono al varco come un'imboscata. Finisce che sono sempre le stesse. Tutte uguali. Costituiscono, perlomeno, una certezza. La ripetitività è una garanzia estesa alla nostra vita.

Che bello accorgersi che se cammini in città con i sandali i piedi si abbronzano. Non sono molte le soddisfazioni da portare a casa. Almeno questa.

Che belli gli uomini con la camicia aperta al quarto bottone: hanno il senso dell'autoironia. Trovarne.

Che belle le donne: quando camminano sole.

Che meraviglia questa sigaretta. Peccato: è già finita.

Due che si guardano. Ancora non si conoscono. Cosa non faranno, insieme. Cosa potrebbero.

Che bello ricominciare tutto. Da zero. O quasi. Fare finta che la vita. Che la vita. Che la vita.

Che la vita non finisce mai.