Una Mini a Malibù. E a Gaza

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Fino a qualche anno fa (pochissimi anni fa), la recrudescenza militare in corso fra Israele e la Striscia di Gaza avrebbe scalato le prime pagine di tutte le testate giornalistiche: tv, radio, carta, online.

Oggi la classifica delle notizie internazionali è dominata dagli incendi in California, quella delle notizie interne lo è dalle disparate beghe politiche e dalla cronaca, molto spesso dalla microcronaca, che è un eufemismo.

Che cosa ci dice, questa situazione?

Due cose.

La prima: il giornalismo (inteso primariamente come racconto di ciò che accade al mondo) ha un approccio alla simultaneità dell’accadere della realtà diverso. Sceglie, cioè, di produrre una classifica degli accadimenti che ne tenga conto (almeno in parte).

La seconda, più importante e all’origine della prima: la possibilità che ci è data di accedere al racconto del mondo attraverso fonti molteplici disponibili su internet e in particolare di accedere a fonti alternative ai media tradizionalmente chiamati “grandi”, ha innescato una decostruzione della gerarchia sulla base della quale da sempre eravamo abituati ad accettare (senza porci domande) che una notizia fosse più importante di un’altra.

Tale decostruzione (o messa in discussione) delle scalette tradizionali (o “storiche”) è stata innanzitutto promossa (forzata) dalle nostre esperienze individuali compiute sulle notizie, esperienze meccanicamente (digitalmente) registrabili attraverso i click, in buona sostanza attraverso la nostra frequentazione virtuale del mondo e la sua tracciabilità contabile.

I media che contano (da quelli pubblici a quelli privati di grande caratura) hanno capito che le abitudini della audience sono cambiate e stanno cercando (spesso goffamente) di adeguarsi.

Si spiega così il primo posto degli incendi in California a scapito della posizione data al deterioramento della situazione fra Gaza e Israele.

I media hanno cioè capito che la California brucia contemporaneamente con Israele e la Striscia e hanno deciso di dare la priorità alla prima.

Pensare che la California sia un fatto di cronaca (per quanto drammatico), mentre Gaza e Israele (il Medio Oriente) è un fatto politico e storico costituisce un approccio sbagliato per chi è interessato a capire la ridefinizione delle gerarchie.

Sui social e sui diversi portali internet, gli incendi negli Stati Uniti vengono messi in relazione dagli utenti con il cambiamento climatico. Quindi in relazione a un fatto non soltanto storico, ma addirittura epocale. La renitenza del presidente Usa (e getta) Donald Trump a riconoscere le conseguenze di quest’ultimo, trasforma i roghi della California in un avvenimento addirittura politico.

La decostruzione della graduatoria (o gerarchia, di nuovo) delle news è il prodotto della nostra convinzione di essere ormai in contatto diretto con l’accadere del mondo.

Non è così, evidentemente. Siamo, invece, questo è vero, esposti a una molteplicità di fonti che raccontano ciò che al mondo accade.

Questo non significa, tuttavia, essere testimoni della realtà osservata nel suo farsi: ci piace però consegnarci a questa illusione. Perché ci autorizza a credere che i nostri commenti, affidati alla rete, siano importanti, possano smuovere qualcosa, lascino almeno il nostro nome scritto sulla panchina o sul tronco d’albero della Storia: “Io c’ero”.

Il punto critico è tuttavia questo: la decostruzione della gerarchia delle notizie (della tradizionale scaletta dei giornali e dei telegiornali) ha condotto a una nuova gerarchia.

Quella dei social è costruita in funzione delle nostre frequentazioni digitali quotidiane, quindi asservita al nostro compiacimento o incaricata di produrlo.

Quella dei media tradizionali è invece soltanto una gerarchia alternativa: prende forma in funzione dei click ottenuti dalle notizie in prima pagina sui social con lo scopo (unico) di perlomeno emularne la quantità.

Su entrambi i fronti non assistiamo a un’evoluzione (o a una rivoluzione): è un adeguamento. Una furbata.

Diverso sarebbe un racconto del mondo capace, con le parole, le immagini e l’impaginazione, di per davvero suggerire come nella realtà tutto accada nello stesso istante.

Capace, anzi (sarebbe il massimo), di mettere in relazione questo vorticoso accadere, di manifestare la trama di ciò che facciamo vivendo.

Un imbianchino che copre i graffiti su un palazzo di Atene. Mentre la California brucia. Mentre il sud di Israele anche. Mentre la Striscia di Gaza pure, come sempre.

(gianluca grossi)