Il battipanni, signora Wappler!

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Se parliamo dell’intervista della NNZ am Sonntag con Nathalie Wappler, la nuova direttrice della radiotelevisione svizzera + piattaforma internet in lingua tedesca SRF, è perché quell’intervista è un disastro.

Un disastro programmatico.

Prima disastrosa occasione, quando la neo direttrice dichiara:

Wir müssen uns verändern, das hat das Abstimmungsergebnis zum Ausdruck gebracht. Und wir müssen ein Programm machen, das informiert, aber nicht polarisiert. Wir müssen keinen Meinungsjournalismus machen. Ich habe diesbezüglich in Deutschland sehr viel gelernt. Diese Abgehängten, die man nicht mehr zurückholen kann, beschäftigen mich zutiefst.

Traduzione della parte sensibile, relativa all’informazione che sarà prodotta da SRF:

Dobbiamo fare un programma che informa, ma che non polarizza. Non dobbiamo fare un giornalismo di opinione.

Prima riflessione sul “programma che informa, ma che non polarizza”.

Sono gli argomenti a polarizzare, non i programmi. La politica, oggi, è orientata sulla polarizzazione quale strumento di raccolta voti. Mettere a confronto un’opinione con l’opinione contraria è di per sé una polarizzazione. Ci sarebbe da preoccuparsi se si trovassero d’accordo persone con opinioni opposte.

Intendeva forse la spettacolarizzazione (e quindi la superficializzazione)? Doveva dirlo. È una cosa diversa.

Seconda riflessione su “non dobbiamo fare un giornalismo di opinione”.

Corretto. Il giornalismo è basato sui fatti. La somma dei fatti è, però, un’opinione. Chiedere ai giornalisti di non avere (ed esprimere) un’opinione sulla base dei fatti di cui sono venuti a conoscenza è chiedergli di mettere il cervello nel congelatore. Succede in paesi poco democratici.

Al proposito, la signora Wappler spiega di avere “imparato molto in Germania” (dove lavora). Forse non guarda la televisione tedesca e non è al corrente della situazione nella quale versa il Paese. Diversamente non potrebbe sostenerlo.

Subito dopo:

Wenn wir in einem Beitrag einen Politiker zu Wort kommen lassen und wenn der Journalist dann den Eindruck erweckt, er wisse es besser, provoziert das einen Vertrauensverlust.

Traduzione: Se in un servizio nel quale si esprime un uomo politico (perché non ha detto: una donna politica…, FdR) il giornalista suscita l’impressione di saperne di più, ciò produce una perdita di fiducia (nel pubblico, FdR).

Qui siamo in alto mare. Siamo persi. L’informazione televisiva che piace a Nathalie Wappler prevede che i giornalisti stiano zitti anche quando i politici raccontano (come fanno spesso) ciò che vogliono, consegnando a chi li intervista l’innesco della polarizzazione che la nuova direttrice della SRF vorrebbe, invece, combattere.

I giornalisti dovrebbero rinunciare a confrontarsi (con le domande e con i fatti) con un uomo politico o una donna politica poiché ciò produrrebbe una perdita di credibilità dei giornalisti medesimi agli occhi del pubblico. Ah sì?

Siamo all’asilo dell’informazione. All’analfabetismo televisivo. Pensare che la televisione pubblica possa riconquistare lo spazio sottratto dai social applicando questa ricetta è una dichiarazione di sconfitta formulata in partenza.

Dalla nuova direttrice della SRF ci saremmo potuti (e dovuti) aspettare, come prima cosa, una difesa del giornalismo. Non il battipanni.

Il primo ad averlo sperimentato su di sé è il giornalista della NZZ: non ha fatto una sola domanda scomoda alla signora.

(g.g.)