Non casca il mondo

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La decisione del New York Times di rinunciare da luglio alla pubblicazione di vignette satiriche nell'edizione internazionale non è la fine del mondo. Non è nemmeno il suo inizio.

Però è il segnale di una cosa: l’assenza di coraggio della testata nel riconoscere l’errore commesso (e di scusarsi) per questa vignetta oppure nel dire che non è stato un errore e che quindi non c'è da professare scuse. Tutto ciò senza chiudere baracca.

L'assenza di coraggio è imputabile sempre e soltanto a se stessi: mai agli altri. Vale anche per chi, oggi, denuncia un attacco alla libertà di espressione. 

C’è da sospettare che qualcuno, nel board del NYT, non aspettasse che questa opportunità.

La vignetta è di mediocre, forse ancora meno, valore artistico e, sicuramente meno che mediocre spessore intellettuale: indipendentemente dalla lettura politica suggerita della relazione Trump-Netanyahu, che alcuni potranno condividere e altri no.

Oltre a ciò, si tratta di una vignetta antisemita?  

È sicuramente una vignetta condizionata dagli stereotipi. Tralasceremo quello relativo all’antisemitismo, poiché troverete sufficiente materiale su internet per scoprire e collegare fra di loro le diverse interpretazioni.

È una vignetta condizionata dagli stereotipi perché ricorre alla metafora della cecità per suggerire che chi non vede o vede poco non sa orientarsi nel mondo, intellettualmente, politicamente e nella pratica.

Nel disegno, il presidente Usa (e getta) Donald Trump porta occhiali neri e utilizza Netanyahu come cane guida. 

Uno deve essere cieco per seguire la politica mediorientale di Netanyahu? Non basterebbe dire che è come lui? O che è un pollo? Un lemure? Un fesso?

E ancora: seguire in tutto e per tutto la politica di Netanyahu significa essere ciechi?

Davvero?

Se alla Casa Bianca ci fosse un presidente cieco che non segue Netanyahu, e anzi lo contrasta, come lo disegneremmo? Senza occhiali scuri?

Perché non ricorrere a una metafora neurologica, vale a dire relativa al cervello? E chiedersi quanto il cervello del presidente Trump lavori nel guidare le sue scelte politiche? 

Su questo aspetto nessuno fra i politicamente corretti ha detto nulla.

Non il NYT che chiude baracca sulla satira disegnata. Non la destra, che improvvisamente scopre un’affinità con la stessa (invisa) idea del politicamente corretto e con chi rifiuta e combatte l’antisemitisimo.

Zitti anche i disegnatori satirici alla Chappatte, che si sono stracciati le vesti denunciando la fine della stampa e del pensiero liberi.

Date un'occhiata agli azionisti di maggioranza del NYT... Basta una rapida ricerca in rete.

E allora: se siete liberi davvero c'è internet per pubbllicare la satira. In modo indipendente. Che più indipendente non si può. C'è l'iniziativa privata, nel senso di individuale. L'autofinanziamento. Non sareste i primi a farlo.

Un po' di coraggio, dai.

(g.g.)