Bagno di follia

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Quando le telecamere e i microfoni sono spenti + il taccuino è chiuso i libanesi consegnano un racconto introvabile sulle reti televisive di informazione continua e probabilmente da nessuna altra parte. Succede anche interpellando vecchie amicizie, costruite su anni di guerre viste e narrate insieme, violenze e delusioni raccolte.

La visita del presidente francese Emmanuel Macron a Beirut è la notizia del giorno. È arrivato per primo, in una capitale sconvolta dall'esplosione del 4 agosto.

Già all'aeroporto, con accanto il presidente libanese Michel Aoun, ha dato l'impressione di un padrone di casa tornato al condominio impazzito per mettere ordine e ridefinire le gerarchie.

Uno show, confida a FdR più di una persona interpellata. Tuttavia: il solo che i libanesi accettano. Impensabile che un altro paese occidentale diverso dalla Francia ne possa inscenare uno simile. Gli Stati Uniti? Forget them!

Suscita stupore la rapidità con la quale le autorità politiche libanesi hanno identificato (e ammesso) la causa dell'esplosione terrificante al porto di Beirut.

Ne suscita ancora di più questo: i libanesi sembrano prenderla per buona, in particolare tenuto conto del fatto che proviene da istituzioni definite da tempo corrotte e inaffidabili.

Perché una popolazione storicamente abituata a dubitare di qualsiasi versione dei fatti dovrebbe aderire a questa?

La risposta dei contatti interpellati è: per esercitare il massimo di pressione sulle istituzioni politiche e spingerle a mollare il potere, spianando la strada (è l'ipotesi più ottimistica) a un rinnovamento del Paese, non da ultimo alla sua rinascita.

E ancora: perché le autorità politiche hanno indicato con tale celerità la causa del disastro di Beirut? Un deposito trascurato di nitrato di ammonio nell'hangar numero 12 nel porto di Beirut.

Risposta dei contatti: perché la verità vera è forse ancora peggiore.

Non esiste alcuna pezza d'appoggio per questa pista. Sono le ipotesi di un Paese avvezzo al dubbio, in mancanza della ricostruzione disinteressata dei fatti.

Esiste una ricostruzione disinteressata di ciò che accade, chiede un contatto?

Saperlo.

La promessa del presidente francese che i fondi per la ricostruzione passeranno attraverso organizzazioni non governative, non attraverso la classe politica.

Un contatto di FdR dice: ciò non fornisce alcuna garanzia di trasparenza e onestà, sulla base dell'esperienza.

Emmanuel Macron in maniche di camicia acclamato dalla gente in un quartiere di Beirut. Un'accoglienza che a casa sua può soltanto sognare.

L'impressione è stata che per strada il presidente francese parlasse agli abitanti di una banlieu parigina.

Un contatto, ancora: in Libano non ci resta più nulla e nessuno a cui aggrapparci.

L'inimmaginabile complessità del Libano, la sua vulnerabilità.

La consapevolezza, confessata dai libanesi, che si sta già oggi combattendo una guerra senza soldati in un Paese che guarda nell'abisso. Non è retorica.

La corsa del presidente Macron verso questo spicchio di terra a pezzi affacciato sul Mediterraneo ha qualcosa di disperato.

Ha suggerito un futuro migliore a una popolazione prigioniera di un conflitto sociale, economico, energetico (vedi i Giant fields, i giacimenti di gas sotto il mare il cui sfruttamento è rivendicato da più Stati, Libano incluso), politico e letterale che ha molti attori.

Troppi, come è sempre stato.

Un bagno di follia.

Nonostante le buone intenzioni.

(g. g.)

 

 

 

 

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