Il senso del taccuino
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Non ci siamo mai sentiti dare da perfetti sconosciuti così tanti consigli come in questo periodo. Scoprire quante persone vogliono il nostro bene è imbarazzante. Ci sentiamo obbligati a chiederci perché lo vogliano. E anche: quanto ne vogliamo noi agli altri e quanto ce ne vogliamo. C'è da leggere nel Senso del taccuino su FdR.
Qui di seguito il consueto estratto dal Senso del taccuino che puoi leggere su Faccia da Reporter.
I consigli non sono ordini: danno cioè per scontata (e anzi: ribadiscono) la libertà di chi li riceve di metterli in pratica oppure no.
Facciamo ricorso al buon senso dei destinatari quando diamo loro consigli a fin di bene. Non possiamo che affidarci all'ipotesi che esista, in ciascuno di noi, una capacità naturale o innata di discernere ciò che è buono e ciò che è cattivo, per noi e per gli altri.
Non esiste una dimostrazione scientifica dell'esistenza di questa capacità. Nemmeno l'esperienza sembra in grado di soccorrerci.
Il ricorso al buon senso è affidato all'auspicio che chi vi si appella intenda la stessa cosa di chi viene esortato ad appellarvisi.
Il problema (eccone un altro) è che il buon senso è in molte occasioni percepito come un colpo di freno alla nostra libertà di scegliere e decidere individualmente e indipendentemente.
Lo è, in particolare, nel momento in cui viene invocato senza l'ingrediente della modestia, così come definita poco sopra. Vale a dire, quando l'appello al buon senso cela il piacere (il senso di soddisfazione) che produce richiamare tutti alla sua condivisione.