La poesia da Gaza

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Da un po' di tempo FdR non pubblicava le poesie da Gaza. Non ne arrivavano più.

La sua autrice ci aveva promesso che l'occasione sarebbe giunta per ricominciare. È giunta.

La introduciamo con l'immagine di una Mini parcheggiata in una città in cui la guerra non c'è (ci sono altri problemi): la prima fotografia l'avevamo mostrata due sere fa, questa sera aggiorniamo la situazione.

Coperta in questo modo dal telo dell'imbianchino, la Mini sembra essere finita se non sotto le bombe, perlomeno sotto i calcinacci.

È un'immagine che all'autrice del testo di questa sera è piaciuta e quindi la pubblichiamo.

 

Come i matti dentro la guerra

 

Erano fuggiti gli scarafaggi.

Prima di tutti noi.

Anche quello che chiamo Mister Sprint.

 

Hanno infiniti pertugi,

nascondigli,

le crepe fra i sassi,

lunghi corridoi che promettono

scappatoie senza fine

nelle macerie che non invecchiano.

Smarrirsi dentro. Sotto.

A loro sembra piacere.

 

Chissà se “mettersi in salvo”

è qualcosa a cui pensano,

gli scarafaggi?

 

Oppure è un correre così,

nemmeno una fuga,

uno scatto, come uno scatto nervoso.

 

Di quelli che ho io:

da un po’ di tempo.

 

Che sia impazzita? Che ne dici?

Avrebbe un nome come sto.

Follia.

Va di moda, a Gaza.

 

Sono matta di guerra.

 

Stiamo come i matti

dentro la guerra.

 

Non c’è stata, questa volta.

 

Chiamano vittoria

una guerra sventata.

Dalla mia parte.

 

Dall’altra: una sconfitta.

Nessuno la chiama pace.

 

La guerra sanno chiamare.

Tutti quanti.

Soltanto quella.

 

Tu che fine hai fatto?

Dove sei?

Ti nascondi, proprio tu? Anche da morto?