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Questa è soltanto apparentemente una notizia di calcio. Quindi, continua a leggere.

La nazionale argentina non giocherà a Gerusalemme l'amichevole contro Israele il prossimo 9 giugno. Inizialmente era stato previsto lo stadio di Haifa, ma la ministra israeliana della cultura e dello sport Miri Regev (più avvenente che lungimirante) ha pensato che andava molto meglio, nell'ambito delle celebrazioni per il 70° anniversario dello Stato di Israele, spostare tutto nella “Città santa”, dal suo (e del suo governo) punto di vista: la "capitale".

I palestinesi si sono arrabbiati. Il presidente della Federcalcio palestinese, Jibril Rajoub, ha dichiarato che "milioni di fan palestinesi e arabi bruceranno la maglietta e la fotografia di Lionel Messi se l'Argentina giocherà a Gerusalemme". Proteste palestinesi anche a Barcellona, dove l'Albiceleste prepara il Mondiale. 

Gli argentini, infine, hanno rinunciato a tutto. Gli israeliani si sono incazzati tanto. I palestinesi hanno esultato e ringraziato Messi con un manifesto: “Thank you Messi”. Il quotidiano liberal Haaretz ha pubblicato una storia curiosa con al centro Lionel ragazzino, ripescando un articolo del 2011 firmato da Shlomo Papirblat. 

Messi deve avere pensato: cosa c'entro io?

Quella pubblicata da Haaretz è la storia del dottor Diego Schwarzstein, un medico endocrinologo ebreo argentino che ebbe in cura Lionel dall'età di 9 anni.

Messi abitava in via Estado de Israel (che significa "stato", non "stadio") nella città argentina di Rosario. Cominciò prestissimo a dare calci a un pallone. E poi a giocare in una squadra giovanile. 

La Pulce giocava e giocava, ma non cresceva. Un problema ormonale, diagnosticò il dottor Schwarzstein. E prescrisse delle iniezioni, che ben presto Lionel si praticò da solo.

Haaretz continua raccontando che un giorno i soldi per le medicine finirono. Messi, il cui talento era stato notato dai cacciatori di teste, fu convocato dal club giovanile del Barcellona. I suoi genitori lo misero su un aereo e lo accompagnarono. Chiesero, quale condizione per l'ingaggio, che la società pagasse il resto dell'indispensabile cura. La risposta fu sì. Nel 2001, la Pulce cominciò la sua carriera con la squadra catalana.

Sapere come si sente, oggi, il fuoriclasse: con i palestinesi che lo ringraziano dopo avere minacciato di bruciare le sue magliette e le sue fotografie, e con gli israeliani (quelli meno arrabbiati) che indirettamente gli ricordano che se è alto 1 metro e 69 ed è diventato il giocatore che è, Lionel lo deve a un medico ebreo di Rosario.

In Medio Oriente, palestinesi e israeliani sono messi così: infilati dentro una realtà dove tutto significa qualcosa e il suo contrario pure.

(g.g.)