Indefinibilità

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A definire l'essere umano è la sua indefinibilità. Deriva, da questa superficiale constatazione, l'impossibilità di considerare concludibili gli scavi dentro la sua natura: sia essa relativa al corpo oppure alla mente, ammesso che le due geografie siano davvero (sembrano non esserlo) separabili.

Rende ardua la definibilità (o definizione) dell'essere umano la possibilità che il comportamento di un singolo individuo si presenti quale guastafeste nel momento in cui si auspica (e anzi si dà per certa) la perfetta riuscita della prova del nove.

Scientificamente questa è un'eccezione. Filosoficamente lo è un po' meno.

Hanno un mercato portentoso i libri che gettano su di noi e la nostra evoluzione uno sguardo capace di cogliere tutto: grandangolare e, nello stesso istante, con messa a fuoco del dettaglio.

Sono libri importanti e da leggere, non sia altro che per arricchire la nostra biblioteca (oltre che gli autori stessi). Trascurano, tuttavia, tali scritti la funzione rivoluzionaria del singolo: con il suo atteggiamento è in grado di confutare teorie date per inattaccabili. 

Direte che è la statistica a definire la sostenibilità (e la difendibilità) di una teoria. Non è vero. La statistica è una forma di autoritarismo cognitivo.

È forse più probabile che la definibilità (non la sua definizione) dell'essere umano vada affrontata partendo dai suoi comportamenti stonati, vale a dire non allineati a una presunta prevedibilità oppure generabilità.

A volte può servire una fotografia a indurci a pensare in modo diverso.

Se scrivessi pensare a che cosa influenzerei il corso della tua ricerca.

(g.g.)