Morte (violenta) di un gangster

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Negli anni 70 e 80, James Whitey Bulger seminò la paura a Boston. Era a capo della famigerata Winter Hill Gang. La città sembrava essere finita nelle sue mani. Non sembrava: lo era davvero.

Bulger aveva conosciuto il carcere per la prima volta a 13 anni. Capitava, in quella Boston, fatta di rapine e di molto altro.

Nel 2013, il gangster più famoso della storia recente degli Stati Uniti fu condannato a trascorrere il resto della sua vita dietro le sbarre: non che gliene restasse molta. Aveva 85 anni. Fra i capi di accusa: 11 omicidi. Per la cronaca era in prigione da 2 anni, dopo 17 di latitanza.

È di poco fa la notizia che Whitey è stato assassinato in un carcere della Virginia. A 89 anni. Per chi lo ha fatto fuori, Bulger non meritava di morire di vecchiaia.

La sua storia è una scia di crimini, violenza, morte.

Sulla sua vita è sempre gravato il sospetto (per chi stava dalla sua parte, si capisce) che fosse stato un informatore dell'FBI.

In realtà, il processo portò alla luce una sporca storia di corruzione che aveva avuto quali protagonisti il Bureau e il crimine organizzato. Forse la vicenda peggiore dell'agenzia.

Whitey ha sempre respinto l'accusa di avere collaborato con i Feds. Voleva lasciare un'eredità, non una macchia infamante.

Se avete tempo, questa sera, guardatevi su Netflix Whitey: United States of America v. James J. Bulger. Un documentario che racconta la storia di questo gangster di origini irlandesi.

Se preferite la fiction, guardatevi invece Black mass. L'ultimo gangster, film di Scott Cooper.

Da sapere che anche il personaggio interpretato da Jack Nicholson in The Departed. Il bene e il male, diretto da Martin Scorsese si ispira alla vera storia di Whitey.