La verità? Nel silenzio (forse)

© 2019 FdR (Laura)

La polemica del momento, negli Stati Uniti, riguarda Facebook e la decisione di Mark Zuckerberg di non eliminare le pubblicità a pagamento dei partiti quando esse contengono falsità e di non sottoporre tali contenuti alla verifica prima di pubblicarli.

È l'ennesimo tentativo di dare una regolata a FB. Destinata, anche in caso di ipotetico successo, a non cambiare nulla sulla piattaforma e nei suoi contenuti.

Zuckerberg può essere capito, sul serio, non è una battuta.

Dovrebbe eliminare le pubblicità sponsorizzate dai partiti quando sono false. Nel caso specifico all'origine della polemica negli Usa si tratta di affermazioni fasulle o falsificate che un partito pronuncia all'indirizzo di un altro partito o candidato politico antagonisti, sul loro operato e altre cose ancora. Va benissimo, si chiama diffamazione.

E tuttavia: quando un partito, parlando di se stesso, dice una falsità? Come la mettiamo? Quando le cose che dice sono soltanto un po' false, diciamo mezze vere e mezze false cosa dovrebbe fare Zuckerberg? Quando sono vere per i tre quarti? Quando sono approssimativamente vere? Quando per qualcuno sono vere e per altri no? Pubblicarle?

E con le promesse elettorali come dovrebbe comportarsi? Cambieremo l'America, la Svizzera, la Francia, l'Italia, il Liechtenstein... Va bene. Ma se poi succede che non cambia nulla? Cosa dovrebbe fare FB: esigere una ritrattazione?

FB è lo specchio di come siamo fatti. È una gigantesca superficie riflettente. Basta guardarla, c'è dentro tutto: il meglio e il peggio, verità e menzogna, odio e amore, superficialità e profondità, libertà e censura (spesso inspiegabile di fronte a ciò che invece non viene censurato), cultura e ignoranza. Tutto questo organizzato per bubles. Non viviamo forse, anche fuori da FB, dentro a delle bolle?

Si stava meglio quando non c'era? Senza dubbio sì e senza dubbio no.

Perché diffondere la menzogna?, direte, nel caso specifico. Perché anche censurandola non cambierebbe molto.

La menzogna va combattuta ed è possibile farlo soltanto quando esce allo scoperto, non quando si aggira nei bassifondi delle cattive intenzioni (esisterebbero anche le cosiddette "menzogne a fin di bene", ma restano menzogne).

L'essere umano crede a ciò che vuole e, soprattutto, a ciò in cui già crede, a ciò di cui è già convinto. Vale per le bugie, non c'è dubbio, ma anche per la verità. Crediamo alla verità per così dire accidentalmente, perché siamo convinti che sia vera, non perché qualcuno ci ha convinti (si prega di contemplare le eccezioni).

In questo articolo trovate invece una posizione radicalmente diversa da quella di FdR. È la lettera aperta scritta a Mark Zuckerberg da Aaron Sorkin, lo sceneggiatore del film The Social Network. L'ha pubblicata il NYT oggi.

Ulteriore lettura importante per sentire l'altra campana è l'articolo di Andrew Marantz sul New Yorker (edizione attuale) consultabile qui.

Se vi avanza ancora un po' di tempo, navigate fra i commenti all'articolo, quelli a favore e quelli no.

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