Chiamata dalla cella

© Saeed al-Tamari (Facebook)

Alle 12.36, FdR riceve una chiamata sul cellulare. Lo schermo indica No Caller ID. Numero celato.

È Said.

Said è stato il mio assistente a Betlemme, durante la seconda Intifada e anche dopo. Siamo amici da un lungo pezzo di vita.

Sapevo che sarebbe venuto in Europa per qualche giorno di vacanza e visitare dei conoscenti.

Alle 12.36 mi chiama da un carcere di Oslo. È atterrato in Norvegia ieri alle 11.30. Lo hanno fermato all'aeroporto.

Said ha acquistato i biglietti a Betlemme per il suo soggiorno in Europa: garantisce che le sue tappe sono state decise in anticipo.

È giunto a Roma da Amman con un visto Schengen, si è fatto timbrare il passaporto e ha preso un volo per Madrid. Lì ha trascorso un giorno e una notte. Poi è andato a Bruxelles e di seguito a Oslo, per visitare una famiglia norvegese che lo aspettava.

Gli amici norvegesi li aveva conosciuti a Betlemme come turisti: Said lavora come guida certificata per chi viene dall'estero.

La polizia norvegese ha tenuto Said in una stanza per dieci ore, ieri. Ha chiesto acqua e gli è stato detto di bere quella del rubinetto nel bagno. Ha accusato uno svenimento: un poliziotto ha usato un piede per capire se era ancora cosciente. Questo racconta Said.

Gli viene rimproverato il fatto di avere richiesto un visto per la Norvegia due mesi fa, richiesta che era stata respinta.

Said spiega e garantisce di avere acquistato un biglietto per il volo di ritorno su Madrid. Quello di rientro in Giordania è fissato per il 20 settembre.

Said è sposato e padre di tre bambini. Spiega a FdR di non volere restare in Europa: la sua vita nei Territori occupati, nonostante le difficoltà, è dignitosa: ha lavoro e guadagna soldi.

Ha chiamato FdR dalla sua cella di tre metri per tre. È assistito da un avvocato d'ufficio. La famiglia che lo avrebbe ospitato per qualche giorno non ha voce in capitolo e non si spiega l'accaduto.

Said ha iniziato uno sciopero della fame. Dice al telefono: “Nemmeno gli israeliani mi hanno mai trattato così”.

Chiede a FdR di raccontare la sua peripezia. Chiede che qualcuno lo faccia uscire dalla prigione di Oslo.

Per tutti gli anni trascorsi lavorando insieme: eccola, la storia di Said.

(g.g.)