Sacrificio e parodia

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La conferenza stampa del presidente Trump non è quello che sembra: l'esibizione di un matto da legare che consiglia colpi di sole e iniezioni di disinfettante per curare il Covid19. È una cosa diversa. Ci starebbe anche la definizione: colpo di genio.  Scopri perché.

Sono in minoranza, ma ho apprezzato il briefing del presidente Usa (e getta) Donald Trump. Quello, per capirci subito, in cui ha dichiarato che il suo cervello gli ha suggerito che potrebbe essere un'idea niente male proiettare della luce potentissima (stile sole) all'interno del corpo umano e che anzi potrebbe essere addirittura una genialata iniettare nello stesso del disinfettante con l'obiettivo di sconfiggere il Covid19.

Beninteso, ha aggiunto il presidente, andrebbe chiesto un minimo di parere ai medici prima di farlo. «Pensateci», ha suggerito alla presenza della virus chief della Casa bianca, Deborah Birx. La quale, sebbene esterrefatta, è rimasta a sedere dov'era, tentando una dolorosa arrampicata sugli specchi pur di non contraddire il boss o, piuttosto, di conservare il suo posto nell'amministrazione.

Evidentemente, i social e le sacrestie della stampa libera sono insorti. I medici hanno subito reagito supplicando i loro connazionali americani: «Non fatelo!».

Come non capirli, in particolare dopo avere visto (l'avete vista?) la docuserie Tiger King su Netflix: pullula di personaggi che il disinfettante in vena se lo sparerebbero subito e un amico mi dice che l'America è quella, insomma una parte considerevole dell'America è così o circa.

Okay.

Do you know the reason why I liked what the President said?

Ho apprezzato la conferenza stampa del presidente Trump perché è la prova provata che la Combustione umana spontanea (o SHC, dall'inglese Spontaneous Human Combustion) esiste davvero.

Spiego: Donald Trump ha metaforicamente preso fuoco da solo nel bel mezzo di una performance artistica (era appena uscito dal solarium, e si vedeva, ma questo non incide sul processo combustivo).

Nel corso di tale esibizione, il presidente ha portato a termine un atto sacrificale di se stesso (ha raggiunto probabilmente la vetta del suo talento) per salvare tutti gli altri presidenti e capi di Stato, primi ministri, ministri e compagnia cantante di questo mondo.

Il briefing trumpiano come sacrificio di un singolo per la redenzione collettiva. È la quintessenza della parodia.

Sono così usciti redenti dal sacrificio donaldiano i suoi colleghi che, rivolgendosi in diretta TV alle loro rispettive nazioni, hanno detto «Siamo in guerra» (facciamo i nomi? Facciamoli: Macron per primo, in ordine di grandeur), oppure «ne usciremo vincitori» (idem), e frasi simili, con tanto di prime linee, trincee, calamità eccetera, enfatizzate al punto tale da spingere qualcuno (io sono stato lì lì per farlo, lo ammetto) a imbracciare il moschetto e partire volontario.

Sono usciti redenti dal sacrificio trumpiano anche tutti gli altri suoi omologhi che hanno invece scelto il profilo basso, senza però mai dirci che ci hanno chiusi in casa per quaranta e rotti giorni perché il virus non lo avevano visto arrivare, perché quando lo hanno visto arrivare hanno detto a noi ci fa un baffo, perché quando si sono accorti che altro che un baffo ci faceva si sono pure accorti che non c'era uno straccio di disinfettante in riserva strategica, uno straccio di mascherina in riserva nazionale e tanto valeva che...

Che cosa, scusa?

Tanto valeva che ci mettessimo le mutande su naso e bocca.

Ma questo non l'hanno detto. Non sono Trump, loro.

(g. g.)