Il pieno regime della ventola

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A due passi da casa mia c'è una coppia che vive sotto, vale a dire sotto il livello della strada, in un seminterrato che è più interrato che sospeso a metà fra la superficie terrestre e l'abisso.

Sabato e domenica, quando non lavora lui o non lavora lei, dalla finestra socchiusa e probabilmente portato dalla piccola ventola impegnata a pieno regime proviene il suono del televisore, che è continuamente acceso.

Ogni volta che passo di lì, mi viene da bussare. Dovrei chinarmi, quasi allungarmi sul selciato per farlo. Vorrei semplicemente esortare i due inquilini a spegnere il televisore, poiché produce calore.

Probabilmente dovrò trattenermi dal dire loro che rende anche cretini, o forse glielo dirò, semmai dovessi decidermi a bussare.

Il motivo per il quale scrivo questo aneddoto è un altro. La scena della finestra a livello della strada e quei segni di vita che provengono dalle profondità dello scantinato mi fanno pensare a come viviamo tutti quanti in questo periodo particolare. Ci siamo chiusi dentro. Ancora meglio: ci siamo lasciati chiudere dentro.

Sbagliereste se pensaste che sto alludendo (soltanto) al lockdown. Sarebbe (intellettualmente) troppo facile. Forse direte: ancora Covid-19, due palle, cambia disco amico! Noooo. Non sto parlando (direttamente) di Covid-19.

Sto pensando (perché ci penso ogni volta che passo davanti alla finestra che porta rumori di vita dallo scantinato) che Covid-19 e le misure prese per contrastarlo, il fatto che le abbiamo accettate e che, invece, qualcuno non le accetti produce un immenso quadro, un'immagine totale.

Sto inoltre pensando che dentro questa immagine ci siamo tutti.

Che cosa vediamo, osservandola?

Non è per fare pubblicità, ma la faccio: per saperlo dovrete attendere il prossimo Senso del taccuino. Il suo autore è sopravvissuto all'estate. È già qualcosa.

Ci leggiamo sabato 5 settembre.

(g. g.)