Che cosa è Stato?

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Fra le esperienze collettivamente compiute durante l'anno trascorso con Covid-19, andrebbe isolata la nostra relazione con lo Stato. Si è prodotta una curiosa (lo sarebbe se non fosse in realtà allarmante) escursione. Abbiamo accettato che lo stato (minuscolo) d'emergenza costituisca ciò attraverso cui cui lo Stato (maiuscolo) manifesta la sua sovranità. Che essa risieda invece nel garantire la normalità lo abbiamo sempre e soltanto (e distrattamente) dato per scontato. C'è da leggere in Fotosera.

Sono numerose le sollecitazioni prodotte da un anno trascorso con Covid-19 e con l'emergenza che il virus ha portato anche alle nostre latitudini e nella nostra vita. Nell'archivio di FdR troverete altrettanti tentativi di affrontarle e svilupparle.

In relazione allo Stato e al ruolo accordatogli nelle democrazie, è interessante sottolineare come esso abbia varcato con disinvoltura il confine fra normalità ed emergenza, quest'ultima interpretata in modi diversi (da leggermente a sostanzialmente diversi) nelle singole circostanze geografiche e istituzionali.

È altresì interessante constatare come glielo abbiamo lasciato fare: non è quindi da escludere che ciò possa accadere ancora, anche ipotizzando condizioni scatenanti diverse.

In generale, lo Stato ha accettato la sovraesposizione di se stesso attraverso le decisioni prese in materia di emergenza sanitaria, che è presto diventata anche economica e che ora comincia a essere riconosciuta (seppure controvoglia) nella sua portata sociale e non da ultimo psicologica, quindi di nuovo sanitaria.

Il filosofo Peter Sloterdijk sottolinea in un passaggio di questa intervista, dalla quale deriviamo alcune tesi portanti, una nuova curiosa dinamica: contemporaneamente al suo farsi non soltanto autore, ma anche garante dell'emergenza, oggi lo Stato non perde occasione per richiamarsi alla sua funzione primaria, prospettando il ritorno a una situazione di normalità.

L'intenzione dichiarata di avere voluto e di volere agire a fin di bene di fronte a Covid-19 non può esimerlo dalla indispensabilità di riconoscere una profonda riconoscenza agli individui che lo hanno seguito e lo stanno seguendo, certo a quelli che condividono tutto ma, in particolare, a quelli che sin dall'inizio non hanno sospeso la capacità (e anzi il dovere) di osare la testa.

(g. g.)