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Betlemme, 23 marzo 2021.

Un'elezione israeliana, come quella di martedì 23 marzo, è sempre anche un'elezione per i palestinesi dei Territori occupati. Che in Medio Oriente ormai contano meno che zero. Il microdispaccio di FdR dal terreno.

«Vincerà Bibi, probabilmente», cioè il premier uscente Benjamin Netanyahu.

Lo dice un ragazzo di Betlemme, un amico di FdR.

Cosa buona o cattiva, se sarà così?

«Buona».

Perché?

«Perché almeno sappiamo cosa vuole, conosciamo le sue intenzioni. Bibi è facile da leggere, da prevedere. Se ne arriva uno nuovo, cominciamo tutto da capo, al buio. Il problema...».

Qual è?

«È che Netanyahu non vuole parlare con l'Autorità palestinese, la ignora, come se non ci fosse, e in fondo non c'è».

Non c'è più niente, in questa terra.

Sicuramente non c'è uno Stato palestinese, non all'orizzonte (per quanto un orizzonte remoto), non le premesse sulle quali costruirlo. È una terra a pezzettini ormai, isolati gli uni dagli altri. Non si presta nemmeno più agli esercizi estemporanei della diplomazia.

Lavori? Ci sono turisti, stranieri in visita?

«Zero».

Quindi?

«Spero di trovare un lavoro in Israele», racconta il ragazzo, padre di famiglia e con i genitori a carico.

«Ho fatto la vaccinazione contro il Covid».

Ma non lo avevi preso il Covid, dovresti essere immune?

«Per lavorare in Israele la vaccinazione è indispensabile».

Da dove veniva il vaccino?

«Da Israele, ce l'hanno mandato loro».

Israele ha bisogno della manodopera a basso costo palestinese. Meglio averla vaccinata.

«Moderna».

Hai capito...

«Se non ce ne mandava Israele, di nuovi vaccini, gli altri non sarebbero bastati: se li sono presi quelli dell'Autorità palestinese, i cosiddetti VIP».

Come va il mondo.

Come gira e rigira.

Uno cosa fa?

«Spera».

Cosa vuoi che faccia, d'altro?

Cosa stiamo facendo, noi?

(g. g.)