La patria è io

© Screenshot video DFAE

Nel discorso del 1° di agosto, il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis cade nella trappola dell'omologazione in un periodo storico nel quale il concetto di testa (e del suo osarla) è inteso e sdoganato quale atto ostile. Anche nei confronti della Patria. Non soltanto in Svizzera.

Lo scrivo da mezzo malcantonese, da mezzo astanese: fossi stato il teleprompter dal quale il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis ha letto il suo discorso alla Svizzera sulla piazzetta di Sessa, sarei andato in freeze a questo passaggio: «La patria non è io, la patria è noi».

Se fossi stato il suo teleprompter mi sarei rifiutato di continuare a scorrere: la patria esisterebbe soltanto, stando al Presidente della Confederazione, nello scioglimento del soggetto, dell'individuo, nel bagno-cancellino della collettività.

È sbagliato. Sì. Lo è, soprattutto, nella considerazione dei tempi che corrono e ai quali il ministro Ignazio Cassis allude, senza dubbio con le migliori intenzioni, eppure non senza vertiginose scorciatoie.

Sono, al contrario, convinto che: la Svizzera esiste in virtù di chi rivendica l'autorialità (nella prima persona singolare) del proprio appartenervi attraverso ciò che pensa. Siamo, cioè, autori delle nostre idee, dei nostri pensieri.

Dalla determinazione e dal coraggio necessari per esprimere idee e pensieri deriva anche l'autorità del pronome io. Soltanto la paura (o la mancanza di esperienza) può condurre a credere che io sia ostile a noi. Non lo è. Al contrario. È la premessa, oltre che la garanzia, di una collettività sana e libera (anche questo aggettivo, a braccetto con il sostantivo libertà, ha trovato, nei discorsi del 1° di agosto, una difesa piuttosto copiaincollata e in verità poco appassionata da parte dell'intero Consiglio federale).

Non c'è come pensare con la propria testa per dichiarare amore e mostrare rispetto al Paese nel quale siamo nati o che ci ha accolti.

Se esiste un pronome capace di definire la Patria, la sua ostinazione nel tempo, di leggerla e accompagnarla nei periodi più difficili, di impedirle la deriva alla quale la condannerebbero, invece, la confusione e la paura, è: io.

È una forma di resistenza del pensiero che custodisce, nella rivendicazione del singolare, la sua urgenza collettiva.

(gianluca grossi)