Libero di pensarlo (e dirlo)

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Ha suscitato un'«indignazione» (Blick) agostana, quindi tutto sommato contenuta, l'uscita del consigliere federale Ueli Maurer, secondo il quale l'Ucraina sarebbe lo sfortunato teatro di una guerra surrettizia fra NATO/Stati Uniti e Russia. Non è il solo a pensarlo (e a dirlo). Il problema è che non va di moda.

Il consigliere federale Ueli Maurer ha detto a Bühler (Appenzello Esterno) ciò che pensa e che non è il solo a pensare: l'Ucraina è soltanto l'ultimo di una lunga serie di paesi disgraziati costretti a ospitare una guerra combattuta fuori casa da chi se la fa più o meno di nascosto: in questo caso NATO / Stati Uniti e Russia. Vittima due volte.

Maurer ha dalla sua chi legge il conflitto da un punto di osservazione diverso da quello predominante nelle cancellerie, nei parlamenti e nelle redazioni occidentali, Svizzera inclusa. Non si tratta di pazzi scatenati, ma di studiosi, analisti, intellettuali ed ex ambasciatori che sorreggono l'edificio delle loro analisi con i fatti e le esperienze accumulati e raccolti negli anni che separano la fine dell'Unione Sovietica (1991) al presente.

Maurer si è visto accusare di smemoratezza e superficialità nei confronti di una realtà inconfutabile: la Russia ha invaso militarmente un Paese sovrano qual è l'Ucraina, contravvenendo al diritto internazionale. Non fa una piega.

Il vero interrogativo è: perché la Russia ha scatenato il conflitto? Chi accusa di imperdonabile leggerezza il Consigliere federale sostiene che le ragioni vadano ricercate unicamente nelle ambizioni imperialistiche del Governo russo. È una possibile chiave di lettura, che tuttavia omette di contemplare (e anche di smontare: non ritiene nemmeno necessario farlo) tutti gli altri elementi a disposizione e, in particolare, che squalifica a priori come un'invenzione partigiana quelli relativi alla percezione che la Russia può avere avuto osservando l'espansione della NATO (leggi degli Stati Uniti) verso Est, sempre più vicino ai suoi confini.

Aldilà dell'ipotizzabile desiderio di scaramuccia agostana, destinata a punzecchiare i suoi colleghi in Consiglio federale, primo fra tutti il Presidente della Confederazione e ministro degli esteri, la posizione di Ueli Maurer tiene conto, al contrario di quanto visto sopra, dell'immenso elefante nella cristalleria che ha costituito l'espansione della NATO verso l'oriente europeo, in particolare quella che, non de jure, ma de facto sì, ha interessato l'Ucraina.

Contemplare la presenza di questo elefante e concludere che possa essere servito da casus belli non significa giustificare la guerra, né tantomeno ignorare le sofferenze della popolazione ucraina, passare sopra ai morti, chiudere un occhio sulle brutalità. Anzi, doverlo scrivere (e ancora ripetere) provoca una sorta di imbarazzo intellettuale (oltre che autobiografico, tenuto conto dei campi di battaglia frequentati), in sostanza l'imbarazzo di chi, prima di inserirsi in un dibattito, si vede costretto a fornire le credenziali della propria buonafede, per non dire dell'appartenenza al campo del bene e della giustizia.

Se vivessimo in un clima giornalisticamente e politicamente sano, battagliero di brutto ma sano, la posizione espressa dal consigliere federale Ueli Maurer avrebbe avuto il diritto di inserirsi in una discussione seria e documentata, sarebbe stata passata al setaccio delle pezze d'appoggio delle quali si costituisce, e infine smontata da chi non la ritiene convincente. Con il ragionamento, però.

Ma niente: è finita in gazzarra. Come sempre.

(g. g.)