Coraggio e ingenuità

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Il rapporto di Amnesty International che ha fatto montare su tutte le furie il presidente ucraino Zelensky è ingenuo e coraggioso al tempo stesso.

Prima il coraggio: il rapporto sostiene di avere le prove documentate di come l'esercito ucraino abbia stazionato e utilizzato armamenti («weapons systems») all'interno di aree urbane residenziali, ospedali e scuole inclusi (le scuole erano chiuse, ma comunque situate in quartieri ancora abitati). I tiri in uscita da tali aree, secondo Amnesty, hanno scatenato il fuoco di ritorno dell'esercito russo, che non ha evidentemente risparmiato i civili. Scrive Amnesty: «Using hospitals for military purposes is a clear violation of international humanitarian law».

Non è una novità. È anzi una situazione che ho constatato in tutte le guerre vissute e raccontate. Molto spesso ciò avviene in condizioni di conflitto asimmetrico, vale a dire quando una delle parti in causa è militarmente inferiore all'altra.

Il presidente ucraino non ha negato i risultati del rapporto di Amnesty, ma ha accusato l'organizzazione non governativa di mettere sullo stesso piano aggrediti e aggressori. Amnesty puntualizza che il diritto umanitario internazionale deve valere per tutti. Nel rapporto, viene esplicitamente spiegato come l'esercito russo bombardi indiscriminatamente aree urbane, anche in assenza di un dispositivo militare ucraino.

Il coraggio di Amnesty consiste nell'essersi inserita nella partitura dell'orchestra mediatica e nell'averla costretta a prendere una (seppure fugace) stecca nell'esecuzione del racconto che sin dall'inizio sta dando di questa guerra. Una guerra sottratta all'indispensabile lavoro di ricerca delle sue cause, puntualmente accusato, anche laddove viene fatto con onestà, senza partito preso e con la disponibilità a prestarsi alla valutazione generale, di irrazionali e criminali simpatie con l'aggressore.

E ora l'ingenuità: il rapporto di Amnesty International rispecchia ciò in cui l'organizzazione crede, vale a dire la possibilità di convincere chi fa la guerra a seguire il diritto, internazionale o meno che sia, a rispettare le leggi, così come in tempo di pace rispettiamo il semaforo rosso e il resto a seguire.

La guerra è la negazione di tutto ciò. È un devastante rivolgimento. È lo scatenamento dell'essere umano, e non importa se sia l'aggressore o l'aggredito.

Non esiste una guerra pulita. Credere che, invece, potrebbe esistere se soltanto rispettassimo le leggi e il diritto tutto quanto, è forse uno dei motivi per i quali accettiamo ancora di farla. Soprattutto: di lasciarla fare agli altri.

La guerra è sporca. Sempre.

(g. g.)