«Abbiamo scherzato»

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Ancora non lo dicono, però lo pensano: sull'Ucraina hanno scherzato. Stati Uniti, Unione europea, i singoli Stati (con qualche sfumatura), i media, non da ultimi. Erano partiti con un piede sul pedale della guerra contro l'invasione russa delegandola alla pelle degli ucraini (da ben prima che si scatenasse) e l'altro sul pedale delle sanzioni a più non posso (della serie “facciamoci del male”): dopo più di tre mesi di guerra, chi osserva la realtà con occhio attento non può che constatare che la solidarietà attiva promessa a chi «combatte anche per la nostra libertà» è stata una farsa, venduta dalla politica in alcuni casi ricorrendo a cambiamenti di pelle tanto repentini da risultare contro natura, e sostenuta dalla stampa che è infine e ufficialmente convolata a nozze con una fidanzata con la quale conviveva dall'inizio della pandemia: la sospensione del giudizio critico.

Una tragedia immensa si è abbattuta sull'Ucraina e sulla sua popolazione. È terra ormai intrisa di sangue e, per gli Stati Uniti, spendibile. Quelle promesse si sono rivelate essere armi della retorica, più che armi vere e davvero capaci di cambiare gli equilibri sul terreno. Il tempo e i documenti che esso porterà alla luce ci diranno quali erano (e sono) le reali intenzioni di Mosca in termini di occupazione del Paese.

L'Europa, di fronte alla brutalità della guerra e di come i russi la fanno (chi ne ha vista almeno una da vicino sa che non esistono infiniti modi di farla), sembra oggi presa da un imbambolamento, subentrato (sebbene non ancora del tutto e ovunque, ma in modo avvertibile sì) al viva la guerra! dell'inizio. Si fa strada, udibile per ora soltanto ai più attenti, la fatidica e terrificante domanda che è costretto a farsi chi agisce con precipitazione dopo essere stato distratto per anni: che cosa abbiamo lasciato che si compisse?

I mezzi di informazione hanno già altro a cui pensare. Tre mesi di guerra ne fanno una guerra vecchia. Non c'entra soltanto questo. I cori di condanna unanime dell'invasione russa, che hanno dall'inizio e senza eccezioni messo al bando l'indispensabile ricorso alla molteplicità dei punti di vista per raccontare (e capire) la realtà, si sono sfiatati.

Restano i disastri della guerra, per nulla diversi da quelli raccontati dalle incisioni di Francisco Goya fra il 1810 e il 1820. Questi abbiamo di fronte agli occhi noi. Questi disastri ha di fronte l'Europa sconvolta, senza ancora avere capito di esserlo, ma iniziando a intuirlo, che sarà lasciata sola (è soltanto una questione di tempo, nemmeno molto) a riflettere su ciò che avrebbe potuto fare e non ha fatto per almeno cercare di fermare tutto, e anzi per evitare di doverci provare. La Storia, nel suo compiersi, non fornisce certo garanzie, ma punisce senza pietà chi crede che non conceda alternative.

(g. g.)