Il coraggio che Cassis non ha (avuto)

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Il presidente della Confederazione Ignazio Cassis si trova a Kiev. Obiettivo: farsi un'idea della situazione bellica, di quella umanitaria e dei preparativi per la ricostruzione dell'Ucraina. Un trittico che la dice tutta sullo spaesamento della diplomazia elvetica di fronte a questa guerra. Senza un ruolo da svolgere, il ministro degli esteri CH finge soltanto di avere un coraggio che a Kiev, tuttavia, non ha tirato fuori.

Il suo omologo tedesco, Franz-Walter Steinmeier, ha rinunciato allo stesso viaggio per motivi di sicurezza. Il Consigliere federale ha avuto l'ardire di intraprenderlo. Di questo gli va dato atto.

Non di altro, tuttavia.

Nei tweet di Ignazio Cassis postati oggi non si legge alcun appello (neppure velato) alla necessità che le armi tacciano.

Il coraggio di Cassis di prendere il treno per Kiev non ha prodotto, una volta il ministro degli esteri giunto nella capitale, l'eco del coraggio vero: dire che questa guerra deve essere fermata.

Sarebbe stata, per quanto trascurabile nei tragici giochi di potenza in corso, e anzi proprio per questo, una frase da ricordare.

Non avrebbe preso partito, se non per i morti, i feriti, i rifugiati interni e gli esuli.

Invece.

Invece Cassis ha ripetuto quello che dicono e scrivono tutti i suoi colleghi (e non non soltanto) su Twitter.

Dopo essersi fatto un'idea (chissà quale) sulla situazione militare e su quella umanitaria (certo importantissima), il presidente della Confederazione è tornato a vestire i panni del capomastro. Ha voluto sapere a che punto sono i preparativi per la ricostruzione dell'Ucraina.

Qualcuno gli avrà spiegato (lo auspichiamo) che la guerra, purtroppo, non è ancora finita.

(gianluca grossi)