E adesso?

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È dal 24 febbraio 2022 che il presidente russo Putin viene descritto come un pazzo o un perdente, oppure come un pazzo perdente dalle cancellerie occidentali, subito dopo riprese con il copy&paste dalla stampa. Da ciò che resta della stampa libera. Vale a dire zero. È tutto molto più serio. Non soltanto da oggi.

A tal punto serio che forse cominciamo a capire: perlomeno dopo il discorso televisivo con il quale il presidente Putin ha annunciato la mobilitazione parziale delle forze armate (300'000 uomini) e ha ricordato la possibilità di ricorrere all'arsenale nucleare.

La NZZ scrive, in un commento a caldo, che l'Occidente non deve lasciarsi ricattare dalla Russia. È da mesi che, seguendo l'esempio del direttore Eric Gujer, i giornalisti del foglio zurighese si sono messi l'elmetto. Vanno al lavoro così. Probabilmente in Falkenstraße scrivono dal bunker.

Non sono i soli. Uguali tutti delle altre testate, anche delle più provinciali. Non esiste gerarchia nell'allineamento.

Voci messe al bando dalla versione ufficiale politico-mediatica che da tempo ha investito la guerra in Ucraina prevedevano un'accelerazione che – tragicamente per gli ucraini, per gli europei e ora anche per i russi – è ormai una realtà. Voci silenziate con l'intenzione oppure con l'ignoranza: con lo scopo, tuttavia, di screditare il valore del confronto e della discussione.

E adesso?

Adesso ogni ipotesi è aperta. Ogni scenario. Andrebbe (una porzione di tempo esiste ancora) affrontato non per ottenere ragione sugli altri, e così annientarli sul campo di battaglia e su quello del pensiero, bensì per infine intuire dentro quale trappola siamo finiti, noi europei.

Infatti: l'Europa (Svizzera inclusa, non avendo potuto essa fare diversamente, nonostante le dichiarazioni di circostanza del Consiglio federale e del Ministero degli esteri) è schierata sulla tabella di marcia (improvvisata e ossessiva) degli Stati Uniti, confrontata con quella (non meno improvvisata e ossessiva) dei russi.

Ci viene ripetuto allo sfinimento che la guerra è la sola strada da percorrere per custodire la nostra libertà e quella degli ucraini.

È la lettura che la stampa fornisce di questo conflitto.

Confrontate i titoli dei giornali e dei telegiornali: sono uguali. Alla lettera.

Chi da tempo propone un'interpretazione e anche una possibile, o perlomeno tentabile soluzione diversa del conflitto è ridotto al silenzio.

È ingiustamente e astoricamente assegnato alla categoria di coloro che si piegano alla forza e alla violenza, che prendono partito per la parte sbagliata, che abbracciano il più forte.

No: non c'è nulla di più forte, senza dubbio di più indipendente di chi si ostina a leggere i fatti e gli antefatti resistendo alla superficiale tentazione di credere che suddividere il mondo in buoni e cattivi, sani di mente e malati, possa, infine, condurre alla pace e alla libertà.

Affrontare la realtà in questo modo produce solitudine.

E allora?

(g. g.)