Chi si rivede: una parola

© 2022 FdR

È tornata di moda la parola libertà. Ve ne siete accorti? Per due anni ci è stato chiesto di metterla sotto naftalina durante la pandemia, di sostituirla con quella di responsabilità, come se la prima escludesse la seconda. Oggi, ci chiedono di prepararci a un inverno nell'iglù: le città oscurate, i caloriferi al minimo. È per la nostra libertà, spiegano. Ma non dicono tutto.

Se FdR ha un auspicio, è questo: essere ancora in rete (è un sinonimo di: in vita) quando verranno resi accessibili i documenti segreti relativi alla guerra in Ucraina e agli anni che l'hanno preceduta, da Mosca a Berlino a Washington, metti pure Berna, va'. Diciamo fra vent'anni. Toccando ferro, dovremmo farcela.

Consentiranno di confrontarci con le certezze (e le decisioni) di oggi: fra vent'anni le chiameremo (le chiameranno) passato.

Gli storici si soffermeranno sul concetto di libertà. Non potranno non farlo.

Siccome la Storia nel suo essere scritta a posteriori è anticipabile frequentandola quando è ancora soltanto cronaca, crediamo che salterà all'occhio la peripezia che questo vocabolo (e ciò a cui esso rimanda) ha conosciuto nel corso di quasi tre anni.

Dal marzo 2020 al febbraio 2022, la libertà è stata messa sotto naftalina.

Siamo stati chiamati a rispettare le misure anti-pandemiche (in particolare il modo in cui ci sono state comunicate) sulla base di una radicale relativizzazione delle nostre libertà individuali, inclusa (e in fondo per prima) quella di fare domande e di attenderci che qualcuno le facesse per noi.

Dal febbraio 2022 a oggi, rivoluzione copernicana: per la nostra libertà ci viene chiesto di prepararci a un inverno nell'iglù, a città in oscuramento e a bollette energetiche da incubo. Accade in tutta Europa. 

Nel weekend, la Confederazione ha lanciato un salvagente da 4 miliardi di franchi al gruppo energetico Axpo (di proprietà dei cantoni nord-orientali), improvvisamente sull'orlo dell'insolvenza.

Per la nostra libertà, anche questi miliardi.

Qualcuno auspica che i dirigenti di Axpo rinuncino a distribuirsi bonus premio  fino alla restituzione del credito. Stare a vedere.

Il Tages-Anzeiger fa luce, nella sua edizione di oggi (p. 8), su ciò che sembrerebbe essere andato storto a livello di gestione del grande gruppo elvetico. Non c'entra soltanto la guerra.

Sul sito congiunto dei Dipartimenti federali dell'energia e dell'economia sembra invece che la guerra in Ucraina sia responsabile di tutto, anche delle decisioni sbagliate o di quelle non prese per assenza di lungimiranza:

«A causa della guerra in Ucraina l’energia scarseggia, anche in Svizzera. Ciò riguarda tutti noi, sia la popolazione sia le nostre aziende».

 

E quindi, nella conclusione presentata poco oltre:

«Chi risparmia energia ora, rafforza la Svizzera».

Non fa una piega. Siamo pronti.

È per la nostra libertà, di nuovo.

Che bella riscoperta, questa parola.

È tornata di moda.

Molto meno l'ideale che essa incarna.

Ne scriveremo sabato 10 settembre nel Senso del taccuino.

(g. g.)