È qui la festa?

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Cominciamo quest'anno come abbiamo finito quello vecchio: senza pietà. Ci è stata tolta e abbiamo lasciato fare. E così un bombardamento russo o uno ucraino finisce con l'essere, per la parte da cui stiamo, una festa.

Un bombardamento ucraino con missili Himars forniti dagli Stati Uniti avrebbe ucciso nel primo giorno dell'anno nuovo almeno 400 soldati russi nel Donbass occupato dai separatisti. Mosca ammette l'attacco, ma ritocca la cifra dei morti: sarebbero stati “solo” 63.

Droni (forniti dall'Iran) e altri missili, questa volta russi, hanno colpito diverse città dell'Ucraina, facendo morti fra i civili (il numero dei soldati ucraini caduti in combattimento non viene mai fornito da Kiev).

Ecco, cominciamo così.

Senza pietà.

Stiamo con gli uni o con gli altri, senza capire che lo facciamo perché ci siamo cascati. Come imbecilli.

Soltanto la pietà sarebbe in grado di farci arrabbiare: di spingerci a chiedere, a scrivere che questa farsa insanguinata che va in scena (una scena malata, viziata, sporca, lurida) da quasi un anno deve essere smontata, al più presto.

Ma l'abbiamo smarrita, la pietà.

Ignoriamo quanto essa covi la premessa di ogni atto di resistenza, individuale e collettiva: anche contro la guerra, che è il più grande imbroglio al quale non sappiamo sottrarci.

O forse no, non lo ignoriamo affatto, nemmeno: ci va bene così.

Va bene ciò che ci viene raccontato: avanti, avanti!

Avanti sulla terra ghiacciata che fuma di sangue.

Decidiamo di credere. Di credere tanto per fare. Qualcosa. Una, almeno.

Ai buoni e ai cattivi.

È un gran fare festa.

(gianluca grossi)