Cosa non stiamo fermando

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Neonati prematuri portati via dalla striscia di Gaza verso l'Egitto dopo oltre un mese di bombardamenti israeliani. La nostra relazione con le immagini di guerra è un fatto privato, intimo. Collettiva è la constatazione di ciò di cui siamo capaci quando siamo lasciati liberi di farlo. Senza che nessuno ci fermi. E sulle dimissioni della poetessa Anne Boyer dal New York Times Magazine.

C'è chi sostiene che la guerra di Israele contro Hamas non possa che comportare anche vittime fra i civili usati come scudi umani.

C'è chi chiede a Israele di rispettare il diritto umanitario internazionale, risparmiando i civili.

Faccia da Reporter sostiene, invece, che se accettiamo la guerra (qualsiasi guerra) queste sono le immagini e queste sono le vittime, soprattutto civili, che entreranno nelle nostre case e nella nostra vita.

Il resto è ipocrisia.

C'è una sola soluzione: chiedere, considerata la Storia e il contesto in cui ciò sta avvenendo, che Israele si fermi e che si fermi Hamas: non per “consentire una pausa umanitaria”, ma per sempre.

Anne Boyer, poetessa, saggista e giornalista premio Pulitzer, si è dimessa oggi dal suo incarico per il New York Times Magazine, per il quale curava la sezione poesia.

Lo ha fatto – cito dalla sua lettera – perché di fronte a ciò che sta accadendo a Gaza non può più «scrivere di poesia tra i toni “ragionevoli” di coloro che mirano ad acclimatarci a questa sofferenza irragionevole. Niente più eufemismi macabri. Niente più paesaggi infernali igienizzati verbalmente. Niente più bugie guerrafondaie».

Leggi qui l'interezza della sua lettera.

A cosa servono le immagini che mostrano la guerra?

A niente se non conducono a una decisione individualmente radicale, come questa.

Fermeranno la guerra le dimissioni di Anne Boyer? No, sarà sostituita.

La sua decisione, però, ha salvato lei.

È una persona che osa la testa.

(gianluca grossi)

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