Giornalai di guerra

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In un articolo della Neue Zürcher Zeitung di oggi, 21 maggio, la vecchia signora del giornalismo zurighese si avvicina senza rossori a un orgasmo bellico. Anzi lo raggiunge e addirittura fa il bis. In un articolo nel quale, fra scenari immaginati e conti della serva, la Svizzera viene richiamata alla responsabilità di «essere pronta per fare la guerra» (kriegstauglich), a fare cilecca, in realtà, non è soltanto il giornalismo: è la ragione.

Quando la guerra costituisce una realtà alla quale chi scrive guarda da saldamente seduto alla scrivania, è possibile scrivere di tutto. L'elmetto che il direttore della NZZ, Eric Gujer, ha imposto ai suoi subalterni, quale accessorio d'ordinanza, produce esaltazione.

Al numero civico 11 della Falkenstrasse ribollono gli spiriti: c'è una voglia di tempeste d'acciaio d'altri tempi che non può passare inosservata. La stessa che aveva in quegli altri tempi chi, ancora, la guerra non l'aveva vista. E che hanno oggi coloro che, in modo del tutto simile, non sanno che cosa sia, la guerra.

A distinguere i giornalisti di guerra dai giornalai di guerra è ciò che i primi hanno visto e capito, e i secondi invece no.

(gianluca grossi)