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No, il riconosciemtno dello Stato di Palestina da parte di Francia, Inghilterra eccetera non è un tardivo ravvedimento e non è nemmeno il segnale che il sentire comune è stato intercettato e capito dai governanti. È una litania di frasi fatte e sentite mille volte che affonda le sue radici nel terreno dell’opportunismo politico casalingo.

I palestinesi, una volta ancora, si attaccano al tram. Non resta loro molto altro da fare. Si avvinghiano. alla speranza che qualche manifestazione di piazza, inquinata dai soliti spaccatutto, che l’iperbolica flottiglia diretta a Gaza e che gli accorati appelli rivolti dalla piazza o dai singoli ai governi possano sortire un qualche effetto.

Non lo sortiranno.

Nella Striscia si stanno scontrando due visioni apocalittiche della realtà e del conflitto israelo-palestinese. Sono indissolubilmente vincolate: l’una ha bisogno dell’altra per esistere, entrambe considerano la ragione e la morale al pari della carta straccia.

Hamas incarna l’idea del sacrifico collettivo quale sola via per conquistare Gerusalemme (di Stato palestinese parla raramente). Mi risulta impossibile scorgere, in questo atteggiamento, il posto riservato alla resistenza per l’autodeterminazione. La popolazione di Gaza offerta in sacrificio alla “causa” è costretta da Hamas a patire la medesima deumanizzazione ad essa inflitta dall’esercito israeliano.

Israele si richiama a un’interpetazione non meno escatologica della sua ragion d’essere. Mi risulta impossibile scorgere, in questa forma di scatenamento che non cela più la sua crudeltà, la benché minima relazione con la sicurezza e la sopravvivenza a lungo termine dello Stato e dei suoi cittadini.

Se non si capisce questo e se non lo si dice, resta soltanto un ruolo da rivestire: quello dei falsi amici, falsamente presi a morsi dalla loro falsa coscienza e falsamente determinati a salvare la frittata. 

(gianluca grossi)

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False friends