© 2018 FdR (Weast Productions)

Il giorno in cui mi fu detto: “Si calmi!”.

Ma questo viene dopo, con i due video dell'ex consigliera federale Micheline Calmy-Rey in visita nei Territori palestinesi occupati.

Per cominciare: il ministro degli esteri Ignazio Cassis deve avere capito che cos'è il Medio Oriente. Un ginepraio. Una trappola.  

La politica è una cosa diversa, in quelle terre. Merita forse per davvero e come in alcun altro luogo del mondo la definizione di “arte”.

In Medio Oriente puoi pensare quello che vuoi. Dirlo, è un'altra cosa. Se non stai attento alle parole ne esci con la camicia stracciata. E anche il golfino non lo indosserai mai più: sarà messo troppo male pure lui.

Cassis ha sparato sull'UNRWA, l'agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi. È come sparare sul pianista. O: sulla Croce Rossa. È stato un errore diplomatico e giuridico. Avrebbe dovuto pensare oltre, in modo più vasto, complesso e coraggioso.

Per fare questo dovrebbe conoscere il Medio Oriente, o dovrebbero conoscerlo i suoi collaboratori, chi lo consiglia, chi gli scrive i discorsi e concerta le dichiarazioni da rendere alla stampa. Non lo conoscono, né lui, né loro.  

Diciamocelo: non esiste un solo ministro degli esteri al mondo che pensi davvero che i profughi palestinesi faranno mai ritorno in Israele, un giorno. A meno di ragionare in termini millenari. La differenza è che nessuno lo dice.

Esistono tuttavia altre ipotesi per un approccio nuovo al conflitto israelo-palestinese. Da un ministro degli esteri ce le potremmo anche aspettare. Le potremmo esigere.

Oggi, l'ex ministra degli esteri Micheline Calmy-Rey ha attaccato Cassis: “Si comporta come Trump” (leggere QUI). Non è un complimento.

La signora Calmy-Rey deve avere rimosso il fatto che era animata dalla stessa discutibile (e un po' infantile) smania di finalmente cambiare il Medio Oriente che, sebbene su posizioni diverse, sembra abitare Cassis.

Nel 2005, Micheline Calmy-Rey visitò i Territori palestinesi occupati. Era la madrina, per non dire la musa ispiratrice, degli Accordi (o iniziativa) di Ginevra. Un esercizio diplomatico inutile al quale la Svizzera aveva creduto da subito e senza riserve. Li aveva promossi, sostenuti, cullati e allattati. In buona parte anche finanziati.

Il giorno in cui visitò, accompagnata da un gruppo di osservatori internazionali, la città disperata di Hebron, con i palestinesi che vivono sotto guardia armata israeliana, le feci una domanda in particolare:

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“Signora Calmy-Rey, non prova questo dilemma di osservare e di non potere fare nulla? È il problema dell'Iniziativa di Ginevra: inviare degli osservatori impotenti che non posso cambiare la situazione sul terreno. Lo vede anche lei che hanno le mani legate”.

La signora fece una faccia e non rispose. Disse: “Non ora”. Non rispose nemmeno più tardi. I suoi collaboratori, pure loro, fecero una faccia. Mi fu detto, ma non è registrato: “Si calmi!". Se avessi ancora fatto una domanda sarebbe stata l'ultima per tutti, anche per i miei colleghi giornalisti d'oltre Gottardo che, invece, se ne stavano zitti.

Seconda scena, riportata nel video che segue: Micheline Calmy-Rey visita Betlemme. Dapprima passa con l'autobus lungo il muro in cemento che isola la città dal resto del territorio. Sulla piazza della Mangiatoia le chiedo, mentre cammina:

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“Signora, lei ha appena visto con i suoi occhi il muro. Questo muro non viene in alcun modo denunciato dai partner israeliani dell'Iniziativa di Ginevra. Questo fatto non la sconcerta, non le fa provare delusione?”.

La signora risponde prendendola molto larga:

“Ho trascorso una giornata osservando le colonie (israeliane, ndr.) e il muro che circonda le città e i villaggi. Per il momento assorbo delle impressioni”.

Ecco come si fa. Come fanno i turisti. Come fanno tutti i politici: o non rispondono o pronunciano frasi che non significano alcunché.

Successivamente, in conferenza stampa, Calmy-Rey reiterò l'impegno della Svizzera per le popolazioni colpite da violazioni del diritto umanitario. Nemmeno questo significa molto. Sono formule. Proverbi.

Oggi, se in Israele o nei Territori palestinesi chiedi a che punto sono gli Accordi di Ginevra, ti guardano come se fossi un archeologo. Li hanno seppelliti da un'eternità.

Non sono serviti a nulla. Un vuoto esercizio diplomatico.

A quel tempo si iscrivevano, però, dentro l'azione concertata della comunità internazionale. Impegnata a non fare nulla per i palestinesi. Anzi: impegnata a fare finta di fare qualcosa.

Non serve, tuttavia, nemmeno spararla grossa, come ha fatto il consigliere federale Cassis. In particolare se sei il ministro degli esteri svizzero.

Ti mettono addosso la parte del capro espiatorio che sconta l'ipocrisia di tutti gli altri.

Un brutto ruolo, francamente. Non ce lo meritiamo. In Medio Oriente, o sei Trump o sei furbo. Se sei furbo, lavori dietro le quinte.

Ah, la politica!

(Gianluca Grossi)