Quando le news ci fanno

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Domenica 27 gennaio, a Parigi è stata organizzata la marcia dei Foulard rossi per protestare contro le manifestazioni (e, a detta degli organizzatori e partecipanti, contro le violenze) delle Giubbe gialle (Gilets jaunes).

La televisione Russia Today in lingua francese (RT) trasmette in diretta dalla manifestazione. Il giornalista inviato nel centro di Parigi intervista un partecipante alla marcia. Il ragazzo dichiara di essere l’iniziatore della manifestazione e si scaglia conto le Giubbe gialle dicendone di ogni.

Guarda il video:

Ascoltando l'intervistato, si potrebbe concludere che egli riassuma le motivazioni di tutti i partecipanti: in sostanza, il desiderio che lo Stato (Macron) dia un sacco di manganellate ai Gialli.

Anche un imbecille avrebbe capito che stava prendendo per i fondelli il giornalista. Soltanto il giornalista non l’aveva capito. (Non è tuttavia da escludere che Macron e lo Stato e i Foulards rossi la pensino davvero così).

A un certo punto (dal minuto 2.31) si inserisce, non invitato, un partecipante (vero o presunto) alla manifestazione e accusa RT di essere il braccio destro mediatico di Putin e di tutti i sovranisti del mondo. Il collegamento viene sfumato dallo studio.

Twitter si infiamma, con politici e non politici che si scagliano contro l’intervistato filomacronista duro, identificando in lui la vera natura del Presidente francese e del suo programma. Dai ranghi dei Foulards rossi viene comunicato che il ragazzo non c’entrava nulla con la manifestazione e la sua organizzazione e, anzi, al giornalista intervistatore vengono suggerite alcune piste per smascherarlo.

Infine, lo stesso giornalista di RT scriverà su Twitter che il suo interlocutore altro non era che un troll affiliato a una comunità di allegri burloni telematici. Si trattava, in altre parole, di un guastafeste. Si era calato nei panni dei Foulards rossi con l’intenzione di caricaturare e di inquinare le motivazioni che li avevano spinti a scendere per le strade di Parigi.

Questo esempio ci mostra come sia possibile iniettare una fake news dentro il flusso della realtà trasmessa in diretta, vale a dire dentro un racconto del mondo proposto e fruito come il più vero possibile / pensabile.

L’intervento dell’uomo che accusa RT di essere uno strumento mediatico assoldato dal presidente russo Putin avrebbe un senso (in questo esclusivo contesto) soltanto se il giornalista di RT avesse concordato l’intervista con il troll. Cosa che risulta poco probabile. (Non è tuttavia da escludere che questo uomo abbia ragione circa l'asservimento di RT al Cremlino, così come è impossibile escludere che altri media contrabbandino per indipendenza quella che in realtà è una genuflessione verso i più disparati  poteri).

Il giornalista di RT ha semplicemente creduto a uno che gliela stava sparando grossa.  Succede spessissimo. È un atteggiamento giornalistico: se me la spari grossa, ti intervisto.

La diretta (che, come scrivevamo ieri, è una pseudo restituzione del presente) si presta a queste patacche. Non soltanto la diretta.

Raccogliere e disseminare la testimonianza “scandalosa” di qualcuno è sempre un esercizio di giornalismo esposto alla contraffazione.

Succede che lo facciano anche i citizen journalists o i cittadini militanti, molto spesso di fronte a persone provenienti da paesi di cui direttamente non conosciamo nulla e che sono portatrici di una testimonianza drammatica.

Non basta che sia drammatica. Servono le prove.

L'abdicazione alla indispensabilità della prova è tipica di chi si trova (diremo: da dilettante) di fronte a un racconto "troppo terribile per non essere vero".

Quando a farlo è un giornalista, è perché ha ceduto a chi la spara più grossa.

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La diretta è passato