Bugie da stanare

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La guerra in Ucraina ci permette di riflettere su ciò che le guerre fanno di noi. Se soltanto avessimo il coraggio di guardare davvero, come se dovesimo andare noi nelle trincee. Mai come prima nella Storia, oggi sappiamo tutto delle bugie che la guerra racconta e delle trappole che ci tende. Ci caschiamo ancora. C'è Fotosera, anche in versione audio.

In Vivere del 12 dicembre 2022 scrivevo che la guerra fra Russia e Ucraina non è soltanto proxy. Vale a dire: non si tratta soltanto di un conflitto fra Russia e Stati Uniti (con l'Europa accodata) messo in scena in casa d'altri, cioè la casa degli ucraini, che sono caduti nella trappola che la guerra tende sempre, vale a dire hanno creduto e credono alla sua inevitabilità.

Scrivevo, in particolare, che questa è una meta-guerra, cioè una guerra che come pochi altri conflitti recenti, e in particolare per la vicinanza geografica e per la posta in gioco, parla di se stessa, parla cioè della guerra e ci consente di ragionare sulla guerra.

Ci consente di farlo con un archivio di conoscenze che, in senso non soltanto storico, ma direi evolutivo, fa di noi gli esseri umani con la conoscenza maggiore relativa alla guerra, ai motivi per cui esplode, alle soluzioni disponibili per fermarla. Nessuno, prima di noi, nemmeno settant'anni fa, sapeva ciò che sappiamo oggi. Figurarsi millenni fa.

Tuttavia, è difficilmente confutabile l'impressione che non sappiamo cosa farcene di questa conoscenza. Siamo, di nuovo, anche noi caduti nella trappola della guerra e in quella che tende chi la guerra vuole farla: nel caso del conflitto in Ucraina, direi in particolare Russia e Stati Uniti, non senza una cospicua disponibilità dell'Ucraina stessa e la complicità asservita dell'Europa, perlomeno di quella che chiamiamo "vecchia" Europa. Sebbene l'Ucraina sia stata attaccata e invasa dalla Russia, avrebbe avuto in più di un'occasione l'opportunità di opporsi alle ostilità, o perlomeno di provarci, appellandosi non al senso del sacrifico collettivo, bensì all'intuizione cristallina (non meno potente del sacrifico della carne, al contrario) del gioco delle parti in cui è precipitata. Non lo ha fatto.

Fra capodanno e l'Epifania, la Francia avrebbe deciso di fornire all'Ucraina carri leggeri del tipo AMX 10 RC. La Germania di fornire carri armati del tipo Marder, così come sistemi di difesa aerea del tipo Patriot.

Meglio il sacrificio della carne (degli altri) che l'intuizione cristallina del pensiero.

In un articolo pubblicato sulla rivista Foreign Affairs il primo giugno 2022, Samuel Charap spiegava e dimostrava come a fine marzo dello stesso anno Russia e Ucraina sarebbero state vicine a un accordo di cessate il fuoco. Il massacro di Bucha, che ha cominciato a circolare in immagini il primo aprile 2022, e la visita affrettata e a sorpresa dell'ex primo ministro britannico Boris Johnson a Kiev il 10 aprile avrebbero contribuito a scompaginare le carte in  tavola. Secondo alcune fonti, Johnson avrebbe comunicato al presidente ucraino Zelenski che un'eventuale intesa con Mosca avrebbe significato l'abbandono dell'assistenza militare europea e occidentale (cioè USA) a Kiev.

Non sappiamo se Johnson abbia davvero detto questo a Zelenski.

Ecco: è la guerra.

Sono convinto che sia indispensabile averne vissuta almeno una da vicino per sapere che cos'è e che cosa fa di noi.

Non pochi commentatori si sono infuriati per la tregua di 36 ore proposta dal Cremlino per il Natale ortodosso.

Incluso il presidente ucraino Zelenski, che ha denunciato il sotterfugio russo per impedire l'avanzata delle truppe ucraine. Non è un'ipotesi da escludere (la guerra è fatta di trucchi e raggiri), ma perché non soffermarsi un istante su questa breve finestra, perché non trasformarla in qualcosa di più grande?

La risposta alla tregua di 36 ore, invece, è stata quella francese e tedesca: forniremo carri armati e sistemi Patriot all'Ucraina.

È questa la guerra: è capace di farci credere che non esista altra realtà al di fuori di lei.

Ecco perché definisco quella in corso in Ucraina una meta-guerra.

È lì da vedere, tutta quanta, insieme ai nostri errori e alle nostre ipocrisie.

Siamo consapevoli che andando avanti provocherà un disastro ancora maggiore, ma non la vogliamo fermare. Preferiamo credere, profondamente calati nella parte che abbiamo deciso di rivestire, senza pensare e senza ragionare, senza chiederci che cosa fa di noi la guerra, preferiamo credere che la vinceremo.

Ignoriamo però che la guerra non racconta mai la verità. Soltanto bugie che vanno smontate.

Stanate.

Meglio saperlo.

Almeno saperlo.

(gianluca grossi)