Giornalista a chi?
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Era un segreto di Pulcinella, diciamocelo. Lo avevamo capito tutti che i grandi gruppi editorial-mediatici della Svizzera (e non soltanto: vale per il mondo intero) avessero scelto, con pochissime quasi inesistenti eccezioni, di sostenere il Governo e le autorità durante la crisi pandemica in corso.
Cosa c'è di male, di discutibile?
Tutto. Tutto se tale decisione è nata (e viene tutt'ora assecondata) non da una valutazione delle azioni, ma per partito preso. Vale a dire: a prescindere.
L'intenzione espressa da Marc Walder, CEO del gruppo Ringier e come tale una delle personalità più potenti nel panorama mediatico svizzero, di evitare che i media fungessero (e fungano) da cuneo fra le autorità federali e la popolazione (il popolo dice Walder, «das Volk») e di accordare invece i suoi sul “la” del Governo testimonia di una considerazione pari a zero del ruolo dell'informazione.
Secondo il Walder-“pensiero”, in tempi di bonaccia l'informazione potrebbe fare ciò che vuole, qualsiasi cosa, attaccare tutti, mentre in tempi di mare forza dieci dovrebbe tirare i remi in barca.
È vero l'opposto. Sebbene dirlo oggi (che dolore doverlo ammettere) è da sfigati.
Il Blick, direte... Quasi a suggerire il disprezzo per una pubblicazione (con tanto di web TV e di domenicale) che non leggete.
Sbagliato, per due motivi.
Il primo è la diffusione (o penetrazione) delle testate Ringier. Considerevole a dire poco.
Il secondo è un motivo più serio, più grave ancora. Marc Walder ha candidamente confessato (come si fa a implorare su internet: «Che resti fra noi»?) in una conferenza telematica di avere chiesto alle sue giornaliste e ai suoi giornalisti di non fare le giornaliste e i giornalisti. Di fare al contrario i passaveline.
Non è stato il solo. Una volta almeno ho sentito dire le stesse cose in una conferenza di giornalisti e direttori di testata alla quale ero stato invitato: che in tempi di crisi la stampa si accoda.
Ho spiegato che la stampa non è la Croce rossa, ma non c'e stato verso.
L'informazione (privata e pubblica) ha cavalcato e ancora cavalca la paura, ignorando ciò che avrebbe diversamente ottenuto un appello al coraggio responsabile della popolazione.
Non credo fino in fondo alle parole di Marc Walder. Sono una cortina fumogena. Allinearsi sulla posizione ufficiale del Governo ha permesso alle sue testate di fare ciò che fanno da sempre: spettacolo della sofferenza e dell'intimità, raccogliendo click e ascolti.
Il punto è che non sono state le sole: lo hanno fatto tutte, anche quelle che si definiscono serie, per presunta superiorità di casta giornalistica.
Sia chiaro: nemmeno la critica può essere esercitata per partito preso, a prescindere.
Il giornalismo è un'arte, non una scienza: fragile, soggetta alla revisione, inevitabilmente soggettiva. È un tentativo di descrizione della realtà.
È però un tentativo onesto soltanto quando sta dalla parte di chi è soggetto alle decisioni della politica, non di chi le prende.
Anche in tempi di crisi, soprattutto in tempi di crisi, è indispensabile battersi per la libertà di criticare.
È la sola garanzia per potere esercitare credibilmente anche il diritto di essere d'accordo.
È la sola responsabilità.
(gianluca grossi)