Arte schierata

© 2018 roland roos / L'artista impegnato nella rimozione della targa dedicata a Henry Dunant

FdR: Da dove parte la sua azione di protesta?

Roland Roos: Il lavoro e il suo valore sono due elementi importanti nei miei progetti artistici.

Faccio un esempio: l'anno scorso, insieme agli architetti Luc Scherer e Malte Beutler, ho allestito, nel Pavillion Le Corbusier a Zurigo, un callcenter e dentro ci ho messo dei veri impiegati kosovari. Negli anni Novanta, le persone oggi impiegate in questi callcenter erano bambini, fuggiti con le loro famiglie in Germania o in Svizzera. Hanno imparato il tedesco e le rispettive culture. Dopo la guerra hanno dovuto fare ritorno nel loro Paese. Oggi, grandi ditte svizzere hanno i callcenter proprio a Pristina, in Kosovo. La ragione è che i giovani che vi lavorano vengono pagati soltanto 3.50 euro all'ora. In occasione di quell'azione, abbiamo ricomperato del lavoro che qui in Svizzera non vogliamo più poterci permettere.

FdR: C'è stata anche la cosiddetta “vacanza attiva”. Ce ne parla?

Roland Roos: Le principali etichette della moda europea realizzano i loro capi di abbigliamento in Bulgaria, che appartiene all'Ue, ma deve fare i conti con un'enorme emorragia di forze di lavoro. Paradossalmente, le industrie tessili locali hanno molto lavoro, ma non il personale per farlo.

Nel museo di Olten ho costruito un centro di formazione nel quale i visitatori potevano imparare i rudimenti per lavorare in una fabbrica tessile. Chi voleva poteva, una volta conclusa la formazione, recarsi per due settimane in Bulgaria a spese del museo e occupare così temporaneamente i posti di lavoro vacanti.

© 2018 roland roos

FdR: Ci parli ora dell'azione sulla Punta Dunant.

Roland Roos: Anche questa ha a che fare con il lavoro. È giustificabile il fatto che si modifichi la legge sull'esportazione di materiale bellico per garantire, secondo quanto sostiene l'industria, posti di lavoro in Svizzera? È una domanda politicamente legittima, discutibile e anzi da discutere. Il problema è questo: la decisione di adeguare la legge porta a una contraddizione relativamente alla tradizione umanitaria elvetica.

Credo che la contraddizione sia una caratteristica dell'essere umano. Si parla di “dissonanza cognitiva” quando percezione, pensieri e convinzioni non vanno d'accordo. Affinché l'esportazione di armi e la tradizione umanitaria possano convivere è indispensabile che una delle due faccia un passo indietro. Siccome l'esportazione di armi non è (ancora) materia di votazione popolare, si può soltanto tematizzare l'importanza dell'aiuto umanitario.

Portando via la targa dalla vetta della montagna ho costretto un simbolo dell'aiuto umanitario a fare un passo indietro.

L'obiettivo della mia azione è spiegare come la nostra migliore conquista in quanto Svizzera, e cioè l'aiuto umanitario, sia minacciato dall'esportazione di armi.

FdR: Perché ha deciso di sostituire la targa?

Roland Roos: La targa in questione è stata portata su quella montagna nel 2014 per ricordare (e simboleggiare) ciò che la Svizzera ha fatto e fa a livello umanitario. Sulla targa è scritto che l'operato di Dunant brilla ancora oggi e porta una speranza di umanità in quei luoghi del mondo dove ce n'è più bisogno. La decisione di modificare la legge sull'esportazione di armamenti bellici oscura l'operato di Dunant.

Ho portato la targa in un museo e l'ho esposta come un relitto di tempi passati.

© 2018 roland roos

FdR: Ha realizzato personalmente questa azione, con l'aiuto di altre due persone. Perché è così importante il coinvolgimento in prima persona?

Roland Roos: Tutti i miei lavori partono da un'idea, da un concetto. Mi interessano i ragionamenti compiuti, con un capo e una coda. Tuttavia, molte delle mie idee non possono essere pensate fino in fondo: quindi il vero lavoro è dedicato a trovare una via d'uscita per la loro realizzazione. Nel corso di quest'ultima bisogna fare spesso marcia indietro, cambiare direzione o nel caso peggiore lasciare perdere tutto. Per questo motivo preferisco fare da solo. Mi assumo io la responsabilità delle mie azioni, ciò presuppone che sia io a decidere.

FdR: La targa Dunant è ora parte di un'esposizione a Zurigo. Perché portarla lì?

Roland Roos: Il museo ha più di un compito. Uno di questi è produrre riflessioni. Il fatto che la targa sia stata data a un museo ci permette di discutere sulla tradizione umanitaria della Svizzera. Un argomento che correva il pericolo di essere dimenticato si trova ora al centro dell'attenzione.

© 2018 roland roos

FdR: Ha portato a termine questa azione come artista o come cittadino svizzero?

Roland Roos: Sono un cittadino svizzero e la mia professione è artista, entrambi gli elementi si condizionano a vicenda.

FdR: Quali reazioni e quali conseguenze ha provocato la sua azione?

Roland Roos: Le conseguenze non sono ancora prevedibili. È prematuro riflettere anche sulle reazioni.

(Intervista di Resy Canonica)