Stiamo Calmy!

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L’ex consigliera federale Micheline Calmy-Rey ha sganciato la sua bomba umanitaria sulla Svizzera. Alla radio RTS il 23 settembre. Ha avuto parole di severa e inflessibile condanna della politica della Confederazione per non avere riconosciuto lo Stato palestinese. Con il suo silenzio, ha inoltre aggiunto l’ex ministra degli esteri, il Paese sarebbe complice di ciò che sta accadendo a Gaza. Quale depositaria del Diritto umanitario internazionale (o Convenzioni di Ginevra) la Svizzera dovrebbe, secondo Calmy-Rey, andare sulle barricate.
Ha inoltre ricordato – non poteva mancare di farlo – l’Iniziativa (o Accordi) di Ginevra, di cui è stata l’entusiastica madrina. Non senza un velo di nostalgia, ha fatto intendere che quelli sì che erano ancora bei tempi: con lei, la Svizzera lavorava per la pace!
È indispensabile una duplice puntualizzazione da consegnare alla Storia.
La prima: nel febbraio 2005, accompagnai con la telecamera la signora Calmy-Rey e la delgazione svizzera nei Territori palestinesi occupati. Sul terreno, rivolsi parecchie domande alla ministra, alle quali non rispose. Un suo collaboratore mi intimò addirittura di smetterla.
Verso sera, in albergo, la ministra pronunciò qualche vaga formula di carattere giuridico-umanitario. I soliti proverbi ai quali ricorrono i politici.
In nessuna occasione ebbi l’impressione di trovarmi di fronte a una passionaria delle Convenzioni di Ginevra.
Per la ricostruzione di quel viaggio, vedi il mio articolo dal titolo Si Calmy! su Faccia da Reporter del 3. 6. 2018 (con video).
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La seconda puntualizzazione: l’Iniziativa di Ginevra, così tanto voluta da Micheline Calmy-Rey, è stata un fiasco.
Essa fu siglata da ex ministri dell’Autorità nazionale palestinese e del governo israeliano che contavano come il due dui picche, nonché da alcuni esponenti della società civile.
Diede lavoro per un po’ di tempo a parecchie persone, soprattutto giovani e su entrambi gli schieramenti, ma non riuscì mai a suscitare l’interesse della società israeliana e di quella palestinese.
Al contrario: contribuì a scavare il fossato di sfiducia e sospetto che esisteva fra la popolazione e la classe politica, in Palestina come in Israele, ma in particolare nella prima.
Nei Territori occupati, l’iniziativa fu percepita alla stregua di un esercizio elitario portato avanti alle spalle della popolazione, senza consultazioni e con mire oscure, in particolare quelle relative ai confini di un futuro e ipotetico Stato. Hamas, lo ricordo benissimo, pescò a piene mani in questo clima.
Il consigliere federale Ignazio Cassis non si rallegri: questa non è un’arringa a suo favore. Al contrario: è un atto di accusa. Mi spiego subito.
Se la signora Calmy-Rey avesse scelto di parlare senza retorica umanitaria alla radio, avrebbe potuto dire che compito e dovere della Svizzera è di accogliere e curare feriti gravi dalla Striscia di Gaza (in particolare bambini) e offrire una scolarizzazione (anche temporanea) a qualche giovane – tutti non può – rimasto senza istruzione a causa della guerra.
È ciò che Faccia ha chiesto gentilmente di fare al minsitro Cassis e a un’altra personalità politica svizzera. Lettera morta.
Impegnar su questo fronte, oltre che un’azione concreta, sarebbe una straordinaria rinfrescata all’immagine della Svizzera.
Il resto è bla bla.
(gianluca grossi)
Notizia data dalla Radiotelevisione svizzera in lingua tedesca SRF il 25 settembre 2025: la Confederazione prevede di accogliere 20 bambini palestinesi feriti a Gaza e le loro famiglie. Approfondisci QUI.