Scherzi da prete

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Sull'Ucraina hanno scherzato tutti. FdR lo ha scritto in tempi non sospetti e anzi lo ha scritto controvento, che è come dire controcorrente e, nella circostanza, contro tutti. La cronaca ci dà ragione, ma non ne deriviamo l'autocertificazione di chi ha visto giusto. Piuttosto l'amarezza di essere stati fra i pochi.

Facciamo il punto: gli Stati Uniti non forniranno carri armati Abrams 1 e 2. Lo si sapeva da tempo, ma si è finto di non saperlo (vedi FdR del 14 giugno 2022 e del 7 gennaio 2023).

La Germania finge di tergiversare con la fornitura di carri armati Leopard 2, di cui esistono diverse versioni, con sistemi di offesa e difesa diversi, alcuni più sofisticati, altri meno. In realtà, Berlino non ha mai avuto l'intenzione di fornire i più moderni all'Ucraina o di lasciare che un Paese terzo lo faccia (la Polonia, ad esempio, che scalpita per mandarli in guerra). Non soltanto per la Svizzera neutrale, ma per qualsiasi Paese che vende armi vale la clausola di autorizzazione alla loro riesportazione verso altri Paesi, a maggior ragione se sono coinvolti in un conflitto.

Secondo la Frankfurter Allgemeine Zeitung, che rimanda a documenti a disposizione del settimandale Der Spiegel, la Germania potrebbe fornire all'Ucraina 19 carri Leopard-A5: si tratta di un modello che nelle esercitazioni dell'esercito tedesco svolgeva la parte del nemico. A parte questo, il loro numero sarebbe insignificante per rapporto alle esigenze ucraine.

In Ucraina arriveranno da Francia, Inghilterra, dalla stessa Germania e dagli Stati Uniti mezzi blindati leggeri: sono fondi di magazzino, cimeli o quasi. E se pure non lo fossero, anche in questo caso i quantitativi promessi a Kiev sono insufficienti: corrispondono a un gesto politico simbolico, giammai a un contributo militare destinato a condizionare gli equilibri sul campo di battaglia.

Il presidente Zelenski ha però bisogno anche di questi gesti simbolici: ne va della sua sopravvivenza politica a corto-medio termine.

La presenza a Davos della signora Olena Zelenska, moglie del presidente ucraino, è stato un atto disperato per esercitare una qualche asupicata pressione sulle decisioni strategiche future, negli USA e in Europa in particolare. Queste decisioni non si prendono a Davos, comunque. Per la signora Zelenska il WEF è stata una vetrina per un discorso, qualche dichiarazione e un'intervista rilasciata alla NZZ.

Resta il festival di Sanremo, dove a febbraio è previsto un intervento in diretta video del presidente Zelenski. Avete letto bene: Sanremo. Le conclusioni alle quali state pervenendo sono corrette: conta zero. Anche qui, disperazione. Tragica disperazione.

Con l'Ucraina, l'Occidente ha scherzato. Lo ripetiamo, con un bagaglio di fatti che lo scorso 14 giugno erano già nell'aria. Bastava coglierli.

Il sostegno che Stati Uniti ed Europa stanno dando a Kiev è soltanto un esperimento: costringere la Russia ad accettare il destino dell'insignificanza geostrategica.

Di più: l'obiettivo era e resta fare della Russia uno stato canaglia. Sulla pelle degli ucraini, si capisce.

La verità, o perlomeno una sua approssimazione, è sempre la cosa più difficile e dolorosa da scrivere.

(gianluca grossi)

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